PSICOLOGA · PSICOTERAPEUTA EMDR · DBR
dr.ssa Roberta Paradisi
dr.ssa Roberta Paradisi
C’è qualcosa di profondamente sano nel vedere migliaia di persone riunirsi non per protestare o competere, ma per giocare, ridere, raccontare storie. Lucca Comics, con le sue strade gremite di costumi, carte, fumetti e parole dette ad alta voce, è un laboratorio sociale a cielo aperto. In un’epoca che spesso ci divide dietro schermi e notifiche, qui la gente si cerca, si parla, si riconosce.

Un fiume umano che non si spinge, non urla, ma cammina armoniosamente insieme, sfilando tra le mura, le piazze, i padiglioni, come un unico organismo che respira al ritmo della meraviglia. È stato divertente poter parlare con persone di ogni età mentre facevo la fila per le varie attrazioni (ragazzi, adulti, famiglie) e scoprire nei loro occhi curiosità e gentilezza. Giovani educati, ironici, desiderosi di condividere. I miei figli hanno giocato con loro, senza conoscere i nomi, ma riconoscendosi immediatamente.
Un’esperienza che mi ha riscaldato ed emozionato: un piccolo esperimento di civiltà possibile.
Il linguaggio del gioco è più antico di qualsiasi social network. È la forma primaria attraverso cui l’essere umano esplora il mondo, sperimenta ruoli, rielabora emozioni. Giocare, da adulti, non è un lusso né una fuga: è un modo di rimanere vivi.
La psicologia lo conferma: il gioco stimola la neuroplasticità, attiva i circuiti della dopamina, sostiene la creatività e la connessione sociale. Donald Winnicott, il grande psicoanalista inglese, scriveva che “è nel gioco, e soltanto nel gioco, che l’individuo può essere creativo e usare la personalità intera”. È nel gioco che si crea uno spazio potenziale tra realtà e fantasia, dove tutto può essere esplorato senza essere minaccioso.
Tra i momenti più belli di questa edizione, c’è stato il mio incontro con gli autori di Dixit, un gioco che ha segnato un’epoca e che, nel suo silenzioso linguaggio di immagini, ha insegnato a milioni di persone che comunicare non significa solo parlare. Dixit nasce dal pensiero di uno psicologo, Jean-Louis Roubira, e la sua forza sta proprio nella capacità di evocare emozioni e simboli senza parole precise: l’altro deve immaginare, interpretare, sentire.

Non è un caso che Dixit sia entrato anche nelle terapie psicologiche, nei contesti educativi e nella formazione di gruppo. Le sue carte diventano mediatori di racconto, strumenti per accedere a contenuti interiori in modo protetto e creativo. Quando la parola è bloccata, l’immagine apre varchi. È un linguaggio che bypassa la difesa razionale e permette di dire l’indicibile, in questo è straordinariamente affine alla psicoterapia.
Roubira stesso, nel progettare Dixit, si ispirò al funzionamento simbolico dell’inconscio: un’immagine ambigua diventa un ponte tra mondi interiori. Ogni carta è una soglia, e ogni partita è una piccola esplorazione di sé e dell’altro.
Non stupisce che il gioco sia stato riconosciuto come un fenomeno culturale e sociale, non solo ludico. Ha unito generazioni, lingue, sensibilità diverse, ed è oggi uno dei pochi esempi di “oggetto transizionale collettivo”: una piattaforma di significato condiviso che stimola empatia e cooperazione, non competizione.
E Lucca, con la sua energia contagiosa, amplifica tutto questo.
Tra i vicoli e le piazze, il gioco si trasforma in un linguaggio universale: un luogo in cui gli adulti possono tornare bambini senza sentirsi ridicoli, e i giovani possono sperimentare l’appartenenza senza maschere sociali.
Il gioco, quando è autentico, cura.
Resta uno dei pochi territori dove è possibile parlare senza parlare, condividere senza difendersi, costruire senza distruggere. È uno spazio che la mente riconosce come sicuro, e in quella sicurezza può finalmente giocare, che in fondo, in latino, significa proprio “muoversi liberamente”.
Lucca Comics ogni anno lo ricorda: la salute mentale non nasce solo dal silenzio o dall’introspezione, ma anche dal ridere insieme, dal disegnare, dal raccontare, dal mettersi in gioco letteralmente.
Il gioco è una forma di relazione. E la relazione, quando è autentica, è sempre terapeutica.
Giocare non è un’attività infantile: è un bisogno biologico e psicologico che accompagna l’essere umano lungo tutta la vita. Nella terapia, il gioco rappresenta uno spazio sicuro di sperimentazione, dove emozioni, pensieri e ruoli possono essere esplorati senza minaccia. È ciò che Donald Winnicott definiva spazio potenziale, un territorio intermedio tra realtà interna e realtà esterna, in cui la mente può creare e trasformare.
Le neuroscienze oggi confermano ciò che la clinica aveva intuito da tempo: il gioco attiva i circuiti dopaminergici e ossitocinergici, quelli legati alla motivazione, alla curiosità e alla connessione sociale. Studi recenti sull’approccio ludico in psicoterapia mostrano che il gioco favorisce la regolazione emotiva, riduce la risposta allo stress (basso cortisolo) e rafforza la coerenza cuore-cervello, come descritto dalla teoria polivagale di Stephen Porges.
Il gioco simbolico, inoltre, riattiva le funzioni creative del sé. Quando l’individuo entra in uno stato di playfulness (una disposizione mentale aperta e flessibile) il cervello integra meglio le informazioni emotive e cognitive. Non si tratta di “distrarsi”, ma di ricrearsi: il gioco, come la parola “terapia”, è un atto di cura.
Molti strumenti usati oggi nella clinica (come Dixit, le carte metaforiche, o i giochi narrativi) derivano proprio da questa intuizione: l’immagine e la metafora possono diventare veicoli terapeutici potenti. Permettono di dare forma a ciò che non trova ancora parola, di raccontare il dolore o la speranza in modo indiretto, protetto, profondo.
Il gioco è un linguaggio primario.
Quando entra in terapia, riporta movimento dove c’era rigidità, e significato dove c’era solo sintomo. Insegna che anche le emozioni più difficili possono essere esplorate e che nella libertà di giocare si cela, spesso, l’inizio della guarigione.
Winnicott, D. W. (1971). Gioco e realtà. Armando Editore.
Porges, S. W. (2011). The Polyvagal Theory: Neurophysiological Foundations of Emotions, Attachment, Communication, and Self-Regulation. W. W. Norton & Company.
Roubira, J.-L. (2008). Dixit [Gioco da tavolo]. Libellud.
McGonigal, J. (2015). Reality Is Broken: Why Games Make Us Better and How They Can Change the World. Penguin Books.
Brown, S. (2009). Play: How It Shapes the Brain, Opens the Imagination, and Invigorates the Soul. Avery.