PSICOLOGA · PSICOTERAPEUTA EMDR · DBR
dr.ssa Roberta Paradisi
dr.ssa Roberta Paradisi

“Ho ricevuto la diagnosi di adenomiosi solo dopo molti anni di dolori e visite. Ancora oggi, quando incontro un nuovo ginecologo, capita che la patologia venga quasi ignorata. Alcuni non la nominano nemmeno: si parla spesso di endometriosi, molto meno di adenomiosi. Eppure chi ne soffre sa bene quanto possa condizionare la vita quotidiana.”
Il dolore pelvico ricorrente, i cicli abbondanti, la fatica che sembra non finire mai non sono soltanto questioni ginecologiche. Endometriosi e adenomiosi sono malattie infiammatorie croniche che coinvolgono insieme corpo e mente, modificando il sonno, la concentrazione, l’energia e persino la qualità delle relazioni. Non si tratta di sintomi marginali: ansia, depressione e stanchezza persistente fanno parte di un quadro che spesso resta invisibile anche a chi vive accanto a queste donne.
Quando parliamo di endometriosi ci riferiamo alla presenza di tessuto simile all’endometrio al di fuori dell’utero, in zone come ovaie, peritoneo o tube, con conseguente infiammazione e dolore cronico. L’adenomiosi, invece, riguarda la penetrazione dello stesso tessuto all’interno della parete muscolare uterina, con sanguinamenti e dolori ancora più intensi. Le due condizioni non raramente coesistono. Nonostante la prevalenza dell’endometriosi sia stimata tra il 10 e il 15% delle donne in età fertile (Frontiers, 2023), il ritardo diagnostico può superare i sette anni. Sette anni durante i quali il dolore si radica e, insieme a lui, si trasforma anche il vissuto psicologico.
Il dolore cronico non resta confinato al bacino: l’infiammazione che accompagna endometriosi e adenomiosi influenza direttamente il sistema nervoso centrale. L’attivazione delle cellule gliali, in particolare microglia e astroglia, altera i circuiti cerebrali che regolano emozioni e percezione del dolore (Mokhtari et al., 2024). È per questo che molte donne sperimentano ansia persistente, un senso di allerta continua che non si spiega soltanto con lo stress quotidiano.
Accanto all’ansia compare spesso la fatica cronica, uno dei sintomi più trascurati e invalidanti. Non è la stanchezza di una giornata impegnativa, ma una sensazione persistente di esaurimento che non migliora con il riposo. Molte donne la descrivono come una “nebbia mentale” che rende difficile concentrarsi, lavorare o semplicemente portare avanti le attività quotidiane. Anche questo sintomo ha una base biologica e viene oggi collegato all’infiammazione sistemica (Cuffaro et al., 2024).
Se l’ansia e la fatica cronica sono effetti tangibili dell’infiammazione, la depressione legata a queste malattie apre uno scenario ancora meno conosciuto. Siamo abituati a pensare alla depressione come a una conseguenza di traumi, lutti, fragilità emotive. E in alcuni casi è così: esiste una depressione che affonda le radici nella storia di vita. Ma non sempre. Nelle malattie infiammatorie croniche la sofferenza emotiva nasce da un meccanismo diverso: il corpo stesso genera i presupposti della depressione. Le molecole infiammatorie – citochine come IL-1β, IL-6 e TNF-α – raggiungono il cervello e modificano i sistemi che regolano umore, energia e motivazione (Sherwani et al., 2024).
Questo significa che una donna può avere una vita serena, relazioni stabili, nessun particolare evento traumatico, e tuttavia sviluppare una depressione legata al processo infiammatorio. È un concetto importante perché libera da equivoci e da colpevolizzazioni: la sofferenza non è “immaginaria” né segno di fragilità caratteriale, ma un effetto biologico preciso.
Per questo motivo, nelle prime sedute chiedo sempre di ricostruire non solo la storia emotiva e familiare, ma anche quella medica. Solo conoscendo i sintomi, le diagnosi e le terapie pregresse si può distinguere se la depressione è il riflesso di ferite psicologiche oppure il risultato diretto dell’infiammazione. Questa differenziazione è cruciale per scegliere come iniziare a lavorare insieme, evitando percorsi standardizzati e costruendo un intervento realmente personalizzato.
Il percorso verso la diagnosi rimane spesso lungo e faticoso. Troppe donne raccontano di essersi sentite dire “è solo stress” o “sei troppo sensibile”, proprio mentre il loro corpo era già impegnato in una battaglia infiammatoria silenziosa. Questa distanza tra il vissuto e il riconoscimento medico lascia ferite invisibili: senso di isolamento, perdita di fiducia, diffidenza verso chi dovrebbe curare.
Un approccio che guarda solo all’aspetto ginecologico rischia di essere insufficiente. Serve una visione integrata che unisca la terapia medica con il sostegno psicologico e con stili di vita che aiutino a ridurre l’infiammazione. La psicoterapia permette di dare senso all’esperienza del dolore e di ricostruire fiducia nel proprio corpo, mentre la medicina, la nutrizione, il movimento e la cura del sonno offrono strumenti concreti per sostenere l’organismo.
Endometriosi e adenomiosi non sono soltanto patologie dell’utero: sono condizioni croniche che intrecciano corpo e mente, in cui ansia, depressione e fatica non sono comparse secondarie, ma attori principali. Riconoscerle nella loro complessità e affrontarle con un approccio integrato significa ridare voce e dignità a un dolore che per troppo tempo è rimasto invisibile.
Il dolore invisibile chiede di essere riconosciuto: solo così smette di essere solitudine e diventa possibilità di cura.